L’eleganza del riccio, Muriel Barbery

L'eleganza del riccio

L'eleganza del riccio

A parer mio, sulla copertina di questo libro dovrebbe essere riportata la scritta “maneggiare con cura”; si tratta di un romanzo delicato, che si accosta alle tematiche proposte con garbo, quasi contemplandole da una discreta distanza.

Renée è una portinaia. Fin qui, tutto bene. Renée si comporta esattamente come ci si aspetterebbe da una persona del suo ceto sociale, per di più sciatta, chiusa al resto del mondo, insulsa. Peccato che tutte le persone con le quali entra in contatto ignorino una sua qualità fondamentale: è un’ottima attrice. Nel corso degli anni questa donna, in realtà estremamente colta ed intelligente, è riuscita a costruire attorno a sé un’immagine, nient’altro che un personaggio stereotipato, cosicché tutti tendano a considerarla sciocca e priva di uno scopo diverso dal tenere pulito l’androne dell’elegante palazzo in cui lavora con zelo da anni. Eccezionale, Renée, quasi machiavellica nella gestione di tutti quei particolari che assicurino la riuscita della sua messinscena, come ad esempio acquistare cibo scadente che poi rifila al gatto, oppure lasciare la televisione della guardiola perennemente sintonizzata su trasmissioni sciocche e telenovelas.

Mi piace molto il personaggio di Renée, forse perché è in grado di dimostrare la solidità (a volte negativa) di uno stereotipo, nonché la potenza che possono avere certe “etichette” che vengono imposte alle persone in maniera del tutto arbitraria; etichette che a volte sperimentiamo sulla nostra pelle, e che comunque ci ostiniamo talvolta ad appiccicare agli altri.

Non posso dire di aver amato altrettanto il personaggio di Paloma, la dodicenne figlia di un ministro francese la cui famiglia ottusa la fa sentire “fuori posto”. E’ una ragazzina geniale, ma non riesce a relazionarsi col mondo che la circonda, e che non soddisfa affatto le sue aspettative.  
Paloma decide di farla finita il giorno del suo tredicesimo compleanno: vuole suicidarsi e dare fuoco all’appartamento dei genitori, ovviamente mentre la famiglia è fuori. Forse è questo che rende questo personaggio meno affascinante di ciò che potrebbe essere ai miei occhi: Paloma è impietosa nei confronti di coloro che la circondano, e non trova via migliore per cambiare il mondo se non uscire di scena “col botto”.

Renée e Paloma sono molto simili, ma anche molto diverse: l’una cerca di sfuttare una situazione apparentemente sfavorevole (l’etichetta della portinaia incolta e burbera) in modo da ricavarne il massimo vantaggio (la libertà di comportarsi come vuole, e di coltivare le sue passioni senza rendere conto a nessuno), l’altra prende atto delle proprie insoddisfazioni (a casa e a scuola) e sceglie di non essere protagonista della propria vita, decide di “defilarsi”. Okay, Paloma è solo una ragazzina, ma vi assicuro che per come viene descritta dalla Barbery non si riesce a vederla come tale, o almeno questa è la mia impressione. Non credo affatto che l’autrice volesse dare quest’impressione di lei, ovvero l’immagine di una persona che non riesce a gestire le cose come stanno, ma questo è il messaggio che è arrivato a me. Preferisco la machiavellica messinscena di Renée: non sarà correttissimo vivere una vita fingendo di essere qualcosa che non si è, ma almeno questo implica il prendersi la responsabilità delle proprie azioni.

Un romanzo delicato, dicevo, all’interno del quale le vicende dei vari abitanti del palazzo di cui Renée è la portinaia si intrecciano, s’incontrano e si scontrano, creando un’opera corale, nella quale ogni personaggio riesce a ritagliare un proprio spazio, ognuno con le proprie stranezze, con le proprie abitudini, con le proprie meschinità. Uno spaccato di vita quotidiana, anche se spero che la vita vera non sia composta esclusivamente da persone pressoché incapaci di guardare al di là del proprio naso! 😉

Capita per caso che le due protagoniste si incontrino, e inizino a vedere l’una la vera anima dell’altra. Comincia ad aprirsi una piccola crepa nella facciata di Renée, e Paloma comincia a considerare uno scenario alternativo al suicidio.

Il semplice e delicato equilibrio esistente nel palazzo viene sconvolto dall’arrivo di Monsieur Ozu, un distinto signore giapponese, che suscita immediatamente l’ammirazione di Renée, peraltro appassionata di arte giapponese, e della giovane Paloma. Ozu riuscirà a vedere molto oltre la ben costruita facciata di Renée, avviando con lei una splendida amicizia…

Un libro indubbiamente ben scritto, ma devo dire che per me, niente affatto appassionata di filosofia, alcuni passaggi hanno rappresentato una bella sfida! Generalmente preferisco un ritmo più serrato, stavolta ho dovuto rallentare parecchio per venire a capo dei grandi ragionamenti filosofici messi in atto dalla Barbery. Proprio questo ha fatto sì che, pur ritenendo “L’eleganza del riccio” un buon libro, non abbia potuto amarlo nel vero senso della parola.

Una lettura consigliata dunque, ma non troppo leggera. Una bella trama, personaggi ben articolati, in qualche caso eccezionali, poesia quanto basta: una ricetta vincente.

Antonella Arietano

Muriel Barbery, “L’eleganza del riccio”, E/O, 2006

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