The Frozen Boy, Guido Sgardoli
“The Frozen Boy” è una storia incredibilmente tenera e toccante, raccontata con toni delicati; Sgardoli riesce ad essere sempre misurato ed efficace, senza mai cedere al dramma, nonstante la vicenda sia caratterizzata da alcuni momenti emotivamente forti. Un romanzo che può strappare qualche lacrima, ve lo assicuro, capace anche di donare messaggi di grande spessore.
Il libro inizia in Groenlandia, nel 1946. Robert Warren, fisico statunitense, si ritrova confinato in una base militare, braccato dai suoi incubi: ha contribuito a costruire l’ordigno nucleare che in pochi minuti ha spazzato via migliaia di innocenti a Hiroshima e Nagasaki, e ha perso un figlio rimasto ucciso nel grande conflitto mondiale dal quale si sta uscendo a fatica. Warren vorrebbe farla finita, così da placare il proprio dolore e perdersi una volta per tutte nell’oblio; ma qualcosa gli impedisce di gettarsi dalla banchisa, come stava per fare… Un luccichio, giù, in mezzo alle onde che si infrangono sulla riva ghiacciata. Ed ecco che Bob fa una scoperta incredibile: il corpo di un bambino intrappolato nel ghiaccio.
La cosa più strabiliante è che questo ragazzino, una volta scioltosi il ghiaccio che lo avvolge e lo imprigiona, riprende a respirare, come se fino a quel momento stesse solo dormendo. Infine si risveglia, e a quel punto le domande si fanno più pressanti: chi è? Da dove viene? Da quanto tempo stava intrappolato nella gelida morsa della banchisa?
Un legame speciale si crea tra il professor Warren e il bambino, che però corre un grave pericolo: il maggiore Ollister vuole consegnarlo ai federali perché ottengano tutte quelle risposte che sembrano sfuggirgli. Il dottor Jessop, medico della base militare, chiede a Bob di portarlo via, allontanandolo da chissà quali esperimenti. Non sarà un’impresa facile, considerando che il ragazzo sembra aver iniziato una rapida fase di invecchiamento…
Ha inizio così l’avventura di Robert Warren e del piccolo Jim; due anime che si cercano e si trovano, traendo conforto l’una dall’altra, ritrovando entrambe un sostegno e un punto fermo cui aggrapparsi per non perdersi definitivamente nel caos e nel dolore.
Warren ha la possibilità di essere un padre, cosa che non è mai stato per suo figlio Jack; Jim non ha più una famiglia, e Robert rappresenta per lui quanto di più vicino ad un genitore. Riusciranno a sfuggire ai federali e a ritrovare i parenti del bambino?
Quest’opera mi è piaciuta molto, e devo dire che per tutta la lettura mi sono ritrovata con una forte sensazione di tenera commozione in fondo al cuore. Forse perché sono madre a mia volta, fatto sta che immaginare questo bambino che si risveglia senza famiglia, in un mondo che non riconosce, assistendo impotente e senza una spiegazione al progressivo cedimento del proprio corpo, mi ha toccata moltissimo. Credo che questo libro sia ideale a qualsiasi età a partire dai 12 anni, e sono convinta che abbia molto da trasmettere; dovrebbero leggerlo gli adulti, per trovare alcune possibili risposte al dolore e per imparare a non indugiare nel rimpianto, e dovrebbero leggerlo i ragazzi, perché si tratta di una bella storia, avventurosa e coinvolgente, ben scritta, capace di donare emozioni molto forti, come solo pochi romanzi sanno fare.
Antonella Arietano