L’enorme differenza tra buon libro e libro ben scritto…
Mi è capitato recentemente di prendere parte ad una discussione in un Gruppo su Facebook relativa alla pubblicazione di un libro tramite una casa editrice a pagamento. Inutile dire che i toni in generale erano piuttosto accesi! Non è mia intenzione ribadire qui i motivi per i quali sarebbe meglio evitare questo tipo di approccio, il soggetto di questo articolo è un altro.
Nel leggere la presa di posizione di chi cercava di difendere la pubblicazione a pagamento ho percepito un errore di fondo: la mancata distinzione tra un libro ben scritto e un buon libro.
Sono in molti a poter dire di scrivere bene, laddove per scrivere bene s’intende il rispetto delle regole grammaticali e di sintassi, l’uso corretto della punteggiatura, l’utilizzo di un vocabolario ampio e adeguato ecc. Ben altra cosa è lo scrivere un buon libro: un buon libro ti prende e non ti lascia più, ti coinvolge e ti dona emozioni uniche, che restano con te anche molto tempo dopo aver letto l’ultima pagina. Uno scrittore con tutti i crismi sa come incuriosire il lettore senza mai frustrarlo (non troppo, almeno!), sa quanto dire e quanto lasciare all’immaginazione (vedi articolo “La magia del detto non detto: quando uno sguardo basta“), è in grado di costruire una trama accattivante, popolata da personaggi completi e interessanti.
Nessuno accusa gli scrittori che pagano per farsi pubblicare di non saper scrivere; il problema è che troppo spesso le opere di queste persone non sono pronte per andare alle stampe, non perché mal scritte, piuttosto perché non “complete”. L’editore cosiddetto “free” sceglie di non pubblicare questi lavori perché acerbi, mentre quello che si fa pagare li accetta perché tanto il rischio imprenditoriale non è suo, dato che i costi di stampa sono coperti ampiamente dall’autore. E già su quest’ultima frase si potrebbe avviare una discussione molto lunga…
Capita perciò che anche se viene effettuato un editing sull’opera questo non sia sufficiente a colmare le lacune più evidenti, che non riguardano tanto la scrittura in sé quanto piuttosto lo stile, ovvero quell’insieme di elementi che rendono uno scrittore pronto per andare in stampa. Meglio non soffermarsi qui sul fatto che troppo spesso le case editrici a pagamento offrono un servizio di editing che persino io saprei fare meglio…
E proprio questo è il punto: quanti di voi hanno letto un libro di uno scrittore esordiente pubblicato da un editore a pagamento e non hanno pensato, anche solo per un attimo, “cavoli, ho buttato via i soldi”? Perché credete che gli scrittori esordienti facciano tanta fatica a farsi leggere? Perché troppi lettori, delusi da opere pubblicate “tanto per”, rinunciano a priori a lanciarsi nuovamente sul romanzo di un autore sconosciuto. Nessuno ha soldi né tempo da buttare.
Quindi, quando uno scrittore che paga per farsi pubblicare mi dice che è libero di fare quello che vuole con i suoi soldi io rispondo che è vero, ma che così facendo sta rovinando il mercato per autori anche più in gamba, ma che rischiano di non venir letti per l’esasperazione di chi i libri li compra. Perché diciamo la verità, a nessuno piace leggere un libro che non sia un buon libro, anche se scritto bene.
Antonella Arietano